Page 13 - Memorie di Torino (vol.1) - Medaglie, gettoni e distintivi 1706-1970
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Bollettino di Numismatica Monografia n. 13.I 2006
Quasi una storia
bisogno di affidare esclusivamente alle medaglie il compito di tradurre, nel linguaggio museale dell’epoca, un
messaggio che sarebbe stato più difficoltoso costruire con le monete. Nella “vetrina lunga della Sala 1” del
Museo di via Gaudenzio Ferrari, venne allestita un’esposizione di “300 medaglie di uomini celebri e di avve-
nimenti notevoli”, quasi tutti italiani.
Le scelte ed i criteri che il consulente numismatico Foa e Vincenzo Promis, conservatore del Medagliere
Reale, adottarono per questo primo allestimento espositivo evidenzia un sostanziale ritorno alla tipologia della
collezione di interesse locale che privilegiava la storia dinastica dei Savoia e di Torino, entrambe unite da un
percorso storico e cronologico quasi coincidente (l’attività di una zecca a Torino inizia con Filippo di Acaia e
si conclude con la chiusura della Zecca del Regno d’Italia nel 1870). Allo stesso tempo, la selezione rappre-
senta un restringimento degli orizzonti geografici prospettati dall’importante incremento del 1870 e quindi dal
medagliere storico costruito, per consuetudine, ad uso degli artisti incisori in servizio alla Zecca.
Un altro attentato all’integrità del medagliere viene intrapreso nel 1897 dal Comitato Direttivo del Museo
Civico, il quale “ ... desiderando dare conveniente assetto alle molte medaglie e monete d’oro, argento e rame
che il Museo stesso possiede, e ritenendo non opportuno e di troppa spesa esporre integralmente una così gran-
de quantità di pezzi, per la maggior parte di pochissimo interesse storico ed artistico”, affidava il compito di
ridisegnare una collezione più consona agli scopi del Museo a due consulenti di indiscussa competenza:
Ermanno Ferrero ed Ernesto Bertea.
I due esperti, dopo attento esame, consigliarono di alienare tutte le monete e medaglie che non rientras-
sero nelle seguenti categorie:
1) “medaglie e monete coniate nelle zecche del Piemonte e riferentisi alla famiglia Sabauda e alla sto-
ria piemontese”;
2) “quelle che appartenendo anche ad altre regioni d’Italia o a paesi esteri, abbiano una specialissima
importanza storica od artistica”;
3) “quelle coniate in Italia dalla fine del secolo XVIII in poi e che possono costituire un documento per
la storia del Risorgimento italiano e che in appresso potranno poi aver sede più conveniente nel-
l’erigendo Museo del Risorgimento”.
Nel 1902 si deliberava quindi l’alienazione di tutte quelle monete e medaglie considerate un relitto inuti-
le della raccolta ufficiale, così come era stata delineata dall’ordinamento deliberato nel 1897. Sono forse gli
anni più bui nella vita del medagliere:
“Alcuni pezzi che si riferiscono a Casa Savoia (sia monete che medaglie) sono esposti in un gabinetto, per solito
non aperto ai visitatori, nel quale stanno pure un esemplare della Storia metallica della Real Casa, coi relativi conii
avuti dalla R. Zecca, ed una serie di medaglie di Papi; altre medaglie di cui molte semplici imitazioni, sono in
mostra in una sala del primo piano; ma in generale né medaglie né monete hanno vero valore artistico, e quei pezzi
di pregio che vi si trovano frammisti sono tutti regolarmente inventarizzati, mentre non lo sono quelli che stanno
a loro fianco e quasi semplicemente servono a completare le vetrine. Finalmente in un armadio del gabinetto del
Direttore, oltre molte medaglie e monete di bronzo e di rame, di nessuna importanza, sta una cassetta chiusa con
sigilli, e contenente monete d’oro, d’argento o di rame per un valore intrinseco di L. 5000.”
L’impressione che si ricava dallo stralcio estratto da una deliberazione del 1902 è quella che la raccolta
numismatica sia considerata ancora una volta un insieme disorganico cresciuto con apporti non programmati
e quindi sostanzialmente incompatibili con gli obiettivi del Museo. Ancora una volta, prevale la convinzione
che monete e medaglie siano ascrivibili alla categoria degli oggetti d’arte e solo in quanto tali ammissibili
nelle raccolte del Museo d’Arte Antica. Ma quel che è più grave, il valore della raccolta viene incrinato anche
sotto il profilo del significato storico, tanto da rendere triste e inutile l’esposizione di monete e medaglie
sabaude e piemontesi che era stata concepita nel 1897 da Foa e Promis e che in fondo tacitamente giustificava
l’esistenza stessa della raccolta numismatica.
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