Page 4 - La Collezione di Vittorio Emanuele III
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58 La Galleria della Lira

                           Si torna agli antichi regimi
                                Spentosi, dopo Waterloo, il sogno napoleonico di una moneta unica europea,

                           anche per la nostra lira cominciarono tempi difficili. Ovunque i sovrani reintegrati nei
                           loro Stati pensarono di poter tornare senza difficoltà al passato. Doppie e scudi, so-
                           vrane e zecchini, rusponi, francesconi, paoli e giuli, baiocchi, quattrini, ducati, piastre,
                           tarì, carlini fecero nuovamente la loro comparsa sulle piazze della penisola, insinuan-
                           dosi tra monete di vecchio e nuovo conio, nazionali e forestiere, e complicando così
                           quella “babele monetaria” alla quale Napoleone aveva inutilmente cercato di porre
                           rimedio.

                                Nel Lombardo-Veneto, a Milano e Venezia, dopo la restaurazione era ripresa la
                           coniazione di ducati in oro, talleri di convenzione in argento e kreuzer di tipo austria-
                           co; in Toscana con Ferdinando III di Lorena si era tornati a produrre rusponi e zecchini
                           in oro puro e francesconi in argento; anche a Roma Pio VII, reintegrato nei propri
                           domini, ripristinò il sistema monetario in vigore prima dell’occupazione napoleonica,
                           emettendo doppie in oro, scudi, testoni, paoli, grossi in argento, baiocchi e quattrini
                           in rame.

                                Nell’Italia meridionale, chiuse le officine palermitane, la coniazione delle monete
                           venne concentrata a Napoli dal restaurato governo borbonico il quale, abolito il siste-
                           ma bimetallico di importazione francese, era tornato al vecchio sistema monometallico
                           basato sul ducato in argento del peso di g. 22,94 con un fino di 833 millesimi (legge
                           n. 1176 del 20 aprile 1818).

                                Uniche terre a dare in quegli anni rifugio alla lira, scacciata da ogni angolo della
                           penisola, furono quelle settentrionali governate dai Savoia e quelle del piccolo duca-
                           to di Parma, Piacenza e Guastalla dove teneva corte la giovane Maria Luisa, figlia
                           dell’imperatore Francesco I e moglie dello sconfitto Napoleone. Un regno, il primo, da
                           dove, più di quarant’anni dopo, la lira avrebbe spiccato il volo per diventare signora
                           incontrastata dell’Italia unita; un piccolo stato, il secondo, dove, col nome di “lira nuo-
                           va di Parma”, essa avrebbe trascorso la sua breve vita imprigionando nel metallo il
                           delicato profilo della duchessa.

                           Le monete dell’Italia unita
                                Al momento della proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo del 1861 il qua-

                           dro monetario della penisola appariva complesso e frammentato, complicato dalla
                           coesistenza, nella circolazione, di una congerie di monete di diverse epoche e na-
                           zioni, tutte tagliate su sistemi ponderali tra loro differenti e articolate in una miriade di
                           nominali spesso in pessimo stato di conservazione.
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