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Dal metallo alla carta

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L’OFFICINA CARTE VALORI DELL’ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO

Negli anni compresi tra le due guerre mondiali mentre scompariva la moneta d’oro e d’argento aumentava sempre più rapidamente la massa di valuta cartacea presente nella circolazione. Si trattava per la maggior parte di banconote stampate nelle officine carte valori della Banca d’Italia e, prima del 1926, dei Banchi di Napoli e di Sicilia e di biglietti di Stato prodotti dall’Officina Governativa di Torino. Nel 1928, con la legge n. 2744 del 6 dicembre, tutte le attività svolte dalle officine torinesi vennero trasferite a Roma all’Istituto Poligrafico dello Stato. Nel 1946 nelle officine del Poligrafico, le prime ad entrare in funzione dopo la fine della guerra, furono stampate per conto della Banca d’Italia le banconote da lire 50 e 100 “tipo 1944” e, nei primi anni Cinquanta, quelle da lire 500 e 1.000 “tipo 1946”. All’inizio degli anni Cinquanta il Poligrafico venne autorizzato a stampare i primi biglietti di Stato della Repubblica Italiana nei tagli da 50 e 100 lire, ai quali si aggiunse, nel 1966, quello da 500 lire. Con il trasferimento di proprietà della Zecca dello Stato al Poligrafico, sancito dalla legge n. 154 del 20 aprile 1978, anche la coniazione delle monete metalliche è passata nelle mani dell’Istituto, che in tale occasione ha modificato il proprio nome in «Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato».



METODI DI STAMPA

La stampa tipografica Quando si parla di invenzione della stampa si intende generalmente l’invenzione dei caratteri mobili e del loro utilizzo per la riproduzione ripetuta di un testo, un libro. Attribuita con sicurezza al tedesco Johannes Gutenberg, attivo a Magonza, l’invenzione viene fatta risalire intorno all’anno 1450. I caratteri mobili, con cui poteva essere facilmente composta una pagina, potevano essere riutilizzati per comporre le pagine successive e la tiratura, ossia il numero di copie ottenibili, era spesso molto elevata, fino ad arrivare ad alcune centinaia di esemplari. A Gutenberg si attribuisce anche l’ideazione del torchio tipografico che, ai fini dell’esercizio della pressione richiesta, si ispirava al torchio già in uso per la spremitura dell’uva, e l’introduzione di inchiostri oleosi che non essiccavano immediatamente come gli inchiostri ad acqua fino ad allora utilizzati. La tecnologia ha via via potuto incrementare la velocità di produzione grazie all’inchiostrazione meccanica della forma mediante rulli inchiostratori, alla motorizzazione del piano supportante la forma stampante, alla pressione non più piana ma realizzata con un cilindro lungo una generatrice e all’introduzione del mettifoglio automatico. Inoltre, grazie allo sviluppo di tecniche fotografiche e di incisione chimica e/o elettronica di particolari forme stampanti, i clichè, la tecnologia tipografica si è arricchita della possibilità di realizzare pagine con illustrazioni a colori e con riproduzioni fotografiche.



La stampa calcografica

La stampa calcografica consente di riprodurre su carta il disegno inciso da un artista, l’incisore, su di una lastra metallica, generalmente in rame, che viene spalmata di inchiostro e accuratamente ripulita nella parte non incisa, affinché questo penetri solo negli incavi e si trasferisca quindi sulla carta. I sistemi moderni utilizzati per queste riproduzioni d’arte non si differenziano concettualmente da quelli antichi: inchiostrazione manuale con uno o più tamponi per l’applicazione di uno o più colori, pulitura dell’inchiostro non penetrato negli incavi, trasferimento dell’inchiostro dalla lastra alla carta attraverso l’esercizio di una forte pressione, asciugatura dell’inchiostro depositato in rilevo sul foglio che a tal fine viene posto su rastrelliere per impedirne lo sfregamento con il foglio successivo ed evitare controstampe. La tecnologia attuale ha però fornito inchiostri più duttili e di più rapida essiccazione, carte più morbide che accolgono più facilmente l’inchiostro, torchi manovrabili con minore sforzo manuale o addirittura motorizzati, rastrelliere automatizzate e altri miglioramenti operativi.



La stampa litografica

Inventata nel 1796 da Alois Senefelder, la stampa litografica si basa sul principio della repulsione dell’inchiostro grasso verso le parti idrofile della matrice (contrografismi) e della sua attrazione verso quelle lipofile (grafismi). Sulla superficie della pietra, levigata e preparata, viene realizzato il disegno con una matita litografica o con un inchiostro litografico grasso; successivamente la superficie viene trattata con una soluzione acquosa di acido nitrico e gomma arabica. Dopo 24 ore la pietra viene bagnata e inchiostrata con un rullo. L’inchiostro, per il principio sopra citato, aderisce esclusivamente sui grafismi disegnati. Sulla pietra viene quindi apposto il foglio di carta da stampare e, mediante la rotazione manuale della stella, viene esercitata una pressione lineare della carta sulla pietra, ottenendo così la stampa.

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Mutuato dai più antichi apparecchi per la stampa tipografica questo torchio per la stampa tipografica diretta, ossia con la carta posta a diretto contatto con
la forma stampante preventivamente inchiostrata a mano, è stato utilizzato dall’Officina Carte Valori del Poligrafico per ottenere dalla composizione in piombo
le bozze di stampa da sottoporre all’attenta lettura dei correttori o dei revisori, figure professionali di maggior esperienza e cultura, tipiche nell’organizzazione
dell’attività grafica.
Il torchio, presumibilmente proveniente dall’Officina Governativa delle Carte Valori di Torino, è rimasto in funzione fino al 1955 circa. Torchio tipografico “tirabozze” Il torchio manuale litografico a stella «Bollito» per la stampa da matrice di pietra è un piccolo capolavoro della nascente industria grafica piemontese. Per la storia, Oreste Bollito costituì assieme a Giovanni Torchio un’impresa grafica che nella seconda
metà dell’Ottocento si specializzò nella costruzione di macchinari da stampa (torchi litografici), tanto da essere insignito della medaglia d’oro nel 1884. Torchio litografico a stella Questo torchio calcografico, di costruzione Thomas Mc Donald Monument Building, con ogni probabilità proviene dalla Thomas De La Rue, nota stamperia inglese di
carte valori che ha collaborato con l’Officina Governativa Carte Valori di Torino, voluta da Quintino Sella nel 1865 per la prima produzione dei francobolli del Regno
d’Italia. Il torchio serviva a stampare da una lastra in rame, incisa dall’artista a bulino o con l’aiuto di acidi (tecnica della punta secca, dell’acqua forte o con procedimenti
combinati) il disegno riportato in incavo. Torchio calcografico La stampa calcografica, per la difficoltà di riproduzione a fini fraudolenti, viene considerata stampa di sicurezza e quindi largamente utilizzata nel campo delle carte valori, quali
banconote, titoli di stato, marche da bollo, francobolli, documenti di riconoscimento, etc.
Ove il formato della carta valore sia assai modesto, quale quello dei francobolli e delle marche da bollo, l’artista incide a mano una lastrina in lega ferrosa, successivamente
indurita con tempra. Da questa, con la macchina molettatrice, operando con fortissima pressione, si ottiene la moletta, un rullino di acciaio che riporta in rilievo il disegno inciso
sulla lastrina. Macchina «molettatrice»